Wednesday, January 16, 2008

'Novecento' di Baricco stroncato da me


Anno nuovo, post nuovi.
Quest'anno vorrei tornare a occuparmi di letteratura. Vedremo se riuscirò a mantenere questo proposito.
E quale modo migliore per farlo che produrmi in uno spericolato esercizio, nientemeno che nella nobile arte della stroncatura? E quale autore più adatto allo scopo del popolare Alessandro Baricco, che piace alle mamme e anche alle figlie?
Premetto che, in generale, il personaggio non mi dispiace, per quanto spesso saccente e autoreferenziale più del lecito. Ha avuto il merito di far sì che la televisione italiana si occupasse di letteratura, il che non è poco se si pensa al deprimente panorama attuale della tv generalista.
Ma 'Novecento' proprio non riesco a mandarlo giù, è un mattone davvero indigesto. E dire che ho avuto il coraggio di vederne anche la versione teatrale e quella cinematografica. Tutt'e tre, compresa quella cartacea, soffrono dello stesso male, o meglio inducono nel lettore-spettatore la medesima sofferenza: sono insopportabilmente pallosi.
Partiamo dal libro. “Non era una di quelle persone di cui ti chiedi chissà se è felice quello. Lui era Novecento e basta. Non ti veniva da pensare che c’entrasse qualcosa con la felicità o col dolore. Sembrava al di là di tutto, sembrava intoccabile. Lui e la sua musica: il resto non contava.” Mi sembra che questa citazione dimostri adeguatamente l'atmosfera da luogo comune che pervade il libro. Abbiamo un protagonista con un nome stupido. E' un soprannome, d'accordo, il che è ancora peggio. E' un personaggio stucchevole come il linguaggio da 'buona letteratura anticonformista' che lo descrive, caratteristica già più che sufficiente a renderlo inutile, a voler essere buoni. So per esperienza diretta che non è facile scrivere un buon libro, con delle idee e un linguaggio adatto a farle risaltare. Ma credo che il Lettore abbia il diritto di pretendere dall'Autore, e l'Autore da se stesso, di avere a che fare con un testo che valga la pena di essere letto. So anche che è abbastanza raro che questo accada in Italia con autori che non si chiamino Calvino o, tra i viventi, Arbasino (certo, si fosse chiamato Baricchino, forse...).
Passiamo al testo teatrale. Un monologo, con uno straccio bianco a fare da schermo, che riversa sul pubblico l'adeguata dose di banalità dall'apparenza intelligente. Pallosissimo, appunto.
Infine la versione cinematografica, intitolata “La leggenda del pianista sull’oceano”, diretta da un regista ampiamente sopravvalutato come Tornatore, che spreca un attore di talento come Tim Roth per fargli incarnare una specie di babbeo che forse, chissà, potrebbe anche essere una specie di genio. Inutile dire che non sono stato abbastanza stoico da portare a termine la visione.


In omaggio accludo qui sotto il link a un articolo veramente ben scritto da Baricco, in polemica con Pietro Citati e Giulio Ferroni a proposito, pensate un pò, delle stroncature:


(la foto di Baricco è tratta dallo stesso articolo apparso su Repubblica)

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